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venerdì 3 giugno 2011

Cinzia Marulli: prefazione a "Estremità strappate" di Massimo Pacetti

Questa raccolta di Massimo Pacetti, se pur rappresentata da sole 15 liriche, è in realtà intensamente rappresentativa di tutta l’opera del poeta e del suo cammino interiore e spirituale. E’ una storia spazio-temporale che abbraccia ed esalta attimi intensamente vissuti e sentiti. I sentimenti in essa emergono titani: non c’è pacatezza, c’è invece tutta la forza delle emozioni e delle sensazioni, dell’ universo intimo che straripa di energia, della consapevolezza verso le scelte prese e di ravvedimento verso un passato dapprima rinnegato e poi teneramente ricordato.
Molti critici letterari hanno evidenziato il tema del “dolore” quale elemento preponderante nella poesia del poeta, ma io voglio osare andare oltre e definire Massimo Pacetti come “il poeta del coraggio”. Infatti già nella prima lirica “Gennaio ‘63” mi è parsa chiara questa caratteristica che, badate bene, non è solo del poeta, ma anche dell’uomo, giacché non c’è verso che non scaturisca dalla propria anima e che non sia figlio della propria esistenza interiore e materiale.
Gennaio ‘63” inizia con questi versi “Son partito su un camion/ senza voltarmi;/lasciando lassù/fra i boschi e gli ulivi/tutto me stesso” che, senza ombra di dubbio, racchiudono tutta la forza ed il coraggio di quest’uomo, anzi di questo ragazzo (siamo nel ’63 come ci ricorda il titolo stesso della poesia) che di giovane poi ha solo l’età poiché il coraggio è invece quello della consapevolezza matura, della sofferenza annosa, delle catene troppo strette o forse troppo corte.  Già in questi primi versi tanto apparentemente semplici quanto intensi e significativi si manifesta interamente non solo “la poesia” del Pacetti ma anche il messaggio che essa trasmette, un messaggio che parte sicuramente dalla sofferenza, dal dolore, anzi in questo caso forse sarebbe più giusto dire dall’insofferenza (…lasciando lassù tutto me stesso…), senza però mai cadere nel vittimismo, per poi ergersi nel “coraggio” e nella “forza” con il verso “Son partito su un camion senza voltarmi…”
E’ questo forse anche un grido di incitamento verso i giovani di oggi troppo annichiliti dal benessere malsano che ha tolto loro tutta la visione prospettiva verso un futuro da conquistare e da amare? Io voglio credere di sì. Credo che Massimo Pacetti, poeta e uomo, abbia atteso tanto per pubblicare questa raccolta, e questa lirica in particolare, perché voleva attendere il momento giusto per trasmettere, attraverso la sua esperienza, un messaggio alle nuove generazioni affinché anch’esse trovino il coraggio di salire su un camion abbandonando il nido ovattato che li accerchia per raggiungere la propria individuale realizzazione e con essa quella della società alla quale appartengono.
Ma il tema del “coraggio” non si manifesta solo nei versi già citati bensì è insito in ogni poesia della raccolta come ad esempio in “Sogno inconscio” dove la forza del primo viaggio verso l’ignoto si trasforma in ardente desiderio di andare oltre i propri limiti scrutando nel profondo (…mi sono voltato indietro/a metà dal cammino/ero solo/tutti gli altri erano/affacciati dall'alto/del burrone/guardavano immobili/non sarebbero scesi/solo io ero sceso/per trovare vedere/quello che avevo/nella notte ascoltato/nella profondità della mente/in quel sogno inconscio/che raccoglie l'eternità/del cuore) o in “Teatri” nella quale si evidenzia il coraggio dell’accettazione del proprio destino, e della propria solitudine.
Ma altri elementi appaiono nella raccolta degni di essere citati quali elementi fortemente caratterizzanti della poesia di Massimo Pacetti quali “l’importanza del ricordo” visto come un ripercorrere le proprie esperienze e sensazioni e come mezzo per l’acquisizione della consapevolezza del proprio operato, ma anche con un’accezione negativa come si evidenzia nella poesia “Senza tempo” nella quale il poeta anela a non avere più ricordi perché solo così potrà sentirsi un uomo nuovo;  e ancora la “figura femminile”, “la donna” vista come salvatrice e personificazione del sentimento d’amore ed al riguardo non si può non prendere ad esempio  la lirica “Luoghi” ove la donna è magnificamente decantata come colei che detiene “il luogo dell’anima”.
La mia personalissima analisi si ferma a questa ultima considerazione per lasciare al lettore il gusto ed il piacere di immergersi nel mondo poetico di Massimo Pacetti e scoprire ciò che solo un animo profondamente sensibile e percettivo può trasmettere.

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