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sabato 26 marzo 2016

Genziana Le Piane su "Percorsi" di Cinzia Marulli

Lo cerco quel luogo dove  ritrovarmi

Per capire la poesia dell’ultima raccolta poetica di Cinzia Marulli dal titolo Percorsi, Poesie, La Vita Felice, 2016, occorre leggere la lirica del retro di copertina: Forse è nel silenzio che si ascolta / la musica più sublime / in quel vuoto che avvolge / tra la sospensione ansante del respiro / e l’attimo incerto sul bordo del destino. / Nell’apparente conclusione di un percorso / si sfiorano i sentieri del domani. Nel testo troviamo quasi due sinonimi, “percorso” e “sentiero”; d’altronde, il titolo stesso è “Percorsi”, al plurale. Dunque, di quali cammini si tratta? L’epigrafe del libro suggerisce: Viandante non esiste un sentiero / il sentiero si crea camminando (Antonio Machado, Cantares). Tuttavia, benché i nostri passi non siano che sabbia presto cancellata, una tendenza c’è sempre. L’ anelito che spinge la Poetessa è quello della conoscenza ed è per questo che nell’apparente conclusione di un percorso / si sfiorano i sentieri del domani (p. 16): è il senso del sentiero, la conoscenza non ha mai fine. Il percorso è, ovvio, personale, completamente proprio e pieno d’incognite, di dubbi, di curve, di incroci ciechi, di biforcazioni (p. 21). Da qui l’incessante incalzare della Poetessa: Dimmiditemiditemi e la continua ricerca di un viandante che divida la strada; il suo costante cercare orme che calpestino la terra: Sì, camminiamo sempre in compagnia della nostra ombra / la nostra ombra / che ci fa largo tra le foglie secche / e gira l’angolo prima di noi (p. 27), basta camminare insieme ad altre gambe.
Trovo interessante la metafora della terra, termine che ricorre frequentemente nel libro, tanti i significati: bisogno di concretezza di Cinzia (mi sento ghianda / dispersa nella terra, p. 37); intensità del vivere rappresentata dal mettere le mani in pasta, dissodare il terreno, avere cura della terra (cioè della propria vita), irrorarla affinché le zolle non diventino aride - forse, in questo rapporto, la Poetessa esprime anche il desiderio inconscio di volerla dominare, la vita -; è dal suolo poi che si arriva al cielo, saldo luogo della fede; la terra è il simbolo dell’uomo, la sua misura. La terra si oppone simbolicamente al cielo come il principio passivo al principio attivo; l’aspetto femminile all’aspetto maschile della manifestazione; lo yin allo yang; tamas (la tendenza discendente) a sattva (la tendenza ascendente); la densità, la fissazione e la condensazione alla natura sottile, volatile, alla dissoluzione. Universalmente, la terra è una matrice che concepisce le fonti, i minerali, i metalli e simboleggia la funzione materna: dà e riprende la vita. Alcune tribù africane hanno l’abitudine di mangiare la terra: simbolo di identificazione. Esistono anche sepolture simboliche analoghe all’immersione battesimale, per guarire e fortificare, per soddisfare a riti d’iniziazione. Insomma l’idea è sempre la stessa: morire per rinascere sotto altra forma e si torna al concetto che ho già espresso, quello del senza fine. Questo libro è la storia di UN’INIZIAZIONE.
Cosa si trova lungo il cammino? Le nuvole, una voce (un amore?), i ricordi (il ritorno, vero senso del sentiero), la bellezza, gli affetti famigliari, i sogni, la natura, il buio, e, soprattutto, la scrittura, il foglio bianco che fa luce su quel percorso, lo illumina, lo racconta – il nome del dolore non esiste: poeti sono brava gente, hanno fame, attraversano il buio con la paura / sulla pelle, tremano al freddo / e mangiano tutti i giorni…(p. 48).
E ritornano le due parole accoppiate, terra e poesia, un connubio che denuncia tutti i mali del mondo, le stragi, i bimbi morti a Gaza, la Shoah, i fratelli perduti di Parigi, le donne che a gambe larghe urlano la loro mutilazione (p. 50). A questo proposito, occorre leggere la straziante storia di Amina, bambina seviziata per diventare donna, storia che allarma per la presenza silenziosa e omertosa dei partecipanti, tra i quali anche la mamma, che non intervengono per impedire questa barbarie.
Un tema penetrante, alla fine della raccolta, è quello della morte (l’ultima sentita lirica è dedicata al padre), sentimento vissuto senza alcuna drammaticità, anzi.

                                                                                                     Fausta Genziana Le Piane



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